World Emoji Day – Tra passato e presente, l’evoluzione di un modo di comunicare

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Oggi 17 Luglio è il World Emoji Day, un giorno in cui, da qualche anno, si ricordano le emoji e l’importanza che hanno oggi nella comunicazione.

La storia di questo giorno è già di per sé qualcosa di iconico: negli iPhone, infatti, la emoji per il calendario riporta proprio la data del 17 Luglio! Non poteva esserci scelta migliore, visto come proprio la diffusione degli smartphone ha contribuito nell’imporre le emoji nel nostro immaginario collettivo.

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World Emoji Day – Dalle emoticon alle emoji

La diffusione della rete, e dei molti sistemi di messaggistica che si sono seguiti nel corso dei decenni, hanno portato con sé una vera e propria rivoluzione nel modo di comunicare. Dall’egemonia del telefono si è infatti tornati a una nuova età dell’oro per il mondo della scrittura, seppur con un grande problema: l’assenza di emozioni. Per questo a una ben precisa necessità ha risposto l’inventiva, generando il mondo delle emoji.

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Note inizialmente come emoticon, l’idea alla base delle emoji è piuttosto semplice quanto efficace: trasmettere stati d’animo, emozioni, eliminare l’ambiguità che può derivare da un testo esclusivamente scritto. Un problema per certi versi anche scientifico: la comunicazione umana è infatti composta non solo dal messaggio nella sua forma più basilare, ma anche di tutto ciò che compone quella che viene chiamata “comunicazione non verbale”.

Il tono della voce, le espressioni del viso, persino i gesti del corpo: la scrittura ha una oggettiva difficoltà nel trasmettere tutto ciò. Hanno così risposto le prime emoticon, composte da alcuni segni di scrittura, basti pensare allo storico smile :-). Con questi primi simboli, in grado di sfruttare la capacità della nostra mente di ricreare volti là dove delle forme ce lo suggeriscano, i messaggi nelle chat si sono riempiti, trasformando fredde conversazioni in qualcosa in grado di trasmettere nuovamente parte delle proprie emozioni.

Nel 1997, in Giappone, arrivano le prime vere emoji, non più composte da simboli, ma costituite da vere e proprie icone. Progressivamente arriveranno prima nei sistemi di messaggistica dei nostri computer, per poi invadere anche i nostri smartphone, arrivando alla forma che conosciamo oggi: non solo espressioni, ma animali, oggetti, elementi architettonici, e molto, molto altro.

Le “regole base” per utilizzare le emoji

Come detto sopra, le emoji nascono per una necessità, quella di eliminare l’ambiguità nel nostro modo di comunicare. Ciò non significa che non debbano rispondere a delle regole, alla cosiddetta netiquette, l’educazione in rete. Seppur non si tratti di regole scritte nella pietra, e si parli comunque di un mondo fluido, la comunicazione in rete ci ha insegnato, nel corso degli anni, come esistano comportamenti da avere e comportamenti da non avere.

Un esempio? Il punto alla fine dei messaggi di testo. Nonostante sia previsto dalla grammatica, in rete assume un significato forte, di cesura, di toni seri e impegnati, poco adatti alla informalità. Regole simili valgono anche per le emoji.

In primis, usarle in maniera differente a seconda dei contesti: in un ambiente informale, come quello di un gruppo Whatsapp tra amici, si possono utilizzare senza limiti, anche in virtù di una emotività senza freni. Al contrario, in ambienti lavorativi, e in situazioni formali, sono poco indicate, a meno che non siano utili a risolvere eventuali ambiguità (come stemperare un messaggio che potrebbe apparire come passivo-aggressivo).

Un consiglio simile vale anche per il mondo dei social network: all’interno dei post l’utilizzo delle emoji non è visto di buon occhio, donando un’aria informale che può non essere l’ideale per delle comunicazioni ufficiali (preferibile, ad esempio, l’utilizzo di punti esclamativi, per mostrare ugualmente trasporto e emozione).

Nei commenti, al contrario, l’utilizzo moderato è visto di buon occhio, anche per gli stessi moderatori: favorisce un ambiente di dialogo informale all’interno della community, mostrando leggerezza e una comunicazione “alla pari” e non in verticale. Utile anche in caso di potenziali attriti con l’utenza, evitando ambiguità e mostrando un tono sereno e pacato, poco incline alla discussione.

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